Breakup of Countries: No Economic Disaster – Becker

Riportiamo la traduzione dell’articolo pubblicato da Richard A. Posner e Gary Becker sul blog “The Becker-Posner Blog”.

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Gary Becker

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Richard A. Posner

I più grandi ed alcuni dei più piccoli partiti politici della Catalogna, una delle regioni più ricche della Spagna, vogliono indire un referendum per un’eventuale secessione della Catalogna dal resto della Spagna, nonostante il governo centrale spagnolo abbia già provveduto, nel corso degli ultimi decenni, a cedere una notevole indipendenza fiscale (e non solo) alla regione catalana e ad altri governi regionali. I sostenitori della scissione sostengono, tra le altre cose, che la Catalogna viene pesantemente tassata per sostenere le regioni più povere della Spagna.

L’opposizione, sia all’interno che al di fuori della Catalogna, risponde che la secessione è anticostituzionale e che nuocerebbe la cultura spagnola.

La Spagna non è il solo Paese che sta vivendo una simile pressione a causa di una rottura o di una lotta per divenire politicamente più decentralizzato. I maggiori partiti in Scozia, ad esempio, chiedono l’indipendenza dal resto del Regno Unito. Come risultato di questa pressione, la Scozia e le altre regioni del Regno Unito hanno ricevuto molta più autonomia rispetto a quella di cui godevano nel passato. Il movimento d’indipendenza si è invece parzialmente calmato nel Québec, ma solo dopo che il Canada ha portato il francese allo stesso livello dell’inglese e dopo che la provincia del Québec ha ricevuto un trattamento speciale dal resto del Canada.

La parte occidentale del piccolo Paese della Georgia (la zona  che risente dell’influenza della Russia) è sostanzialmente indipendente dal resto della regione, mentre la Georgia ha ottenuto l’indipendenza soltanto in seguito allo scioglimento dell’Unione Sovietica. Alla fine del diciannovesimo secolo il Taiwan, che per molto tempo era stato parte della Cina, divenne una colonia del Giappone fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il Taiwan fu in seguito restituito alla Cina,  ma poi divenne una repubblica indipendente nel 1949. La Cina sta tuttora lottando per rendere nuovamente il Taiwan una provincia cinese, probabilmente concedendo un elevato livello di autonomia. Comunque, la stragrande maggioranza dei cittadini del Taiwan preferisce la condizione attuale, in parte perché il reddito pro capite è molto più elevato in Taiwan che nel continente cinese.

Sebbene le opinioni in materia di secessione e integrazione siano molteplici, io non cercherò di valutare il significato dei sentimenti nazionalistici di una regione o Paese; focalizzerò piuttosto l’attenzione sulle conseguenze economiche che la secessione provoca ad un Paese, frazionandolo in piccole o grandi entità indipendenti fra loro. Spesso viene sottolineato che siccome i Paesi più grandi hanno mercati domestici più ampi, le compagnie possono utilizzare economie di scala nella produzione.

La spinta alla stipulazione di accordi per il libero commercio e la globalizzazione, durante gli ultimi 60 anni ha enormemente ridotto i vantaggi economici dell’avere un grande mercato domestico; infatti i piccoli Paesi possono vendere i propri beni agli altri Paesi, piccoli o grandi che siano, quasi con la stessa facilità con cui i Paesi grandi riescono a vendere nel loro mercato domestico. Per esempio, durante gli ultimi 30 anni, il Cile ha conosciuto la più rapida crescita economica dell’America Latina, in misura maggiore rispetto al Brasile e al Messico, che sono le più grandi nazioni di quella zona. Questo non sarebbe stato possibile senza l’accesso delle compagnie cilene ai mercati degli altri Paesi, sia in Sud America sia altrove. Il risultato è stato che il Cile attualmente esporta circa il 40% del proprio PIL, in confronto ad un indice di esportazioni degli Stati Uniti di circa il 13%.

Cambiando scenario, per molti in Cecoslovacchia il futuro economico appariva incerto quando, nel 1993, la Cecoslovacchia  si divise volontariamente nella Repubblica Ceca e nella Repubblica Slovacca. Allo stesso modo, le incertezze erano forti dopo che una guerra distruttiva costrinse la Jugoslavia a scindersi in sei Paesi distinti. Oggi queste nazioni separate sono economicamente simili a com’erano un tempo la Cecoslovacchia e la Jugoslavia.

I piccoli Paesi possono ottenere un vantaggio dai piccoli mercati domestici, traendo beneficio dall’economia globalizzata, vendendo gran parte della propria produzione a consumatori e compagnie di altri Paesi. Questa è la ragione per cui di solito i piccoli Paesi esportano un’elevata percentuale  della propria produzione rispetto ai Paesi grandi. La dimensione dei Paesi era molto più importante nel passato, quando molti di essi avevano elevate tariffe e i trasporti avevano costi molto più elevati.

I gruppi di interesse politico tendono ad essere meno abili ad ottenere un vantaggio personale dalle situazioni politiche nei piccoli Paesi.  Ciò è dovuto, in parte, al fatto che i Paesi piccoli sono più omogenei, e quindi è più difficile per un gruppo sfruttare un altro gruppo, poiché sono fra loro simili. Inoltre, dato che le piccole nazioni hanno meno potere di monopolio sul mercato mondiale, è meno efficiente per loro offrire sussidi alle compagnie domestiche, poiché questi sussidi comporterebbero la riduzione del benessere dei consumatori.

La crescita della competitività dei Paesi piccoli nel mercato globale è in buona parte dovuta al notevole aumento del numero dei Paesi, a partire dal 1950, che sono passati da poco più di 100 a circa 200 nel panorama attuale.

E il numero dei Paesi indipendenti è in continua crescita.

Per leggere l’articolo originale:  http://www.becker-posner-blog.com/2012/12/breakup-of-countries-no-economic-disaster-becker.html



Categorie:dei popoli

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